El planeta, Amalia Ulman, Argentina, Sundance Film Festival, Torino film Festival, 2021.

Film intenso, dove desolazione planetaria, isolamento e desertificazione relazionale non abbandonano mai lo sfondo. In primo piano è l'innocenza delle protagoniste, due bimbe mai cresciute che giocano in continuazione, tra di loro e col mondo a sembrare quelle che non sono, a mostrarsi adulte e responsabili. Unici attimi di consapevolezza emergono nel pianto di Leo, la figlia, e nella telefonata di Maria, la madre non si sa bene a chi. Cosmico ed universale è il precipitare in un declino senza speranza:  Gijon città deserta con anziani invalidi che vagano come zombies, serrande chiuse, cartelli immobiliari, vetrine e ristoranti stile anni "60, in una ipnotica commistione tra retrò e post finis mundi. Molto originale e personale è il modo con cui le due tentano di rimuovere indigenza e precarietà e davanti a un frigo vuoto, se ne vagano per le vie deserte, a braccetto e si muovono in un paseo che potrebbe essere, per entusiasmo e complici risate, paragonabile ad uno shopping natalizio in galleria. A credito, facendo riferimento ad un politico importante che sta per arrivare a saldare i debiti  si va dalla modista ad ordinare abiti su misura, il campanello suona , arrivano vassoi con pasticcini, non pane né companatico, giocano a signore borghesi. La divisa della madre è una pelliccia status simbol, che indossa talvolta sopra la vestaglia e occulta tutte le miserie, la figlia si autoconfeziona abiti eccentrici, che attribuisce a stilisti. Moschino. Giocano a mascherarsi, in un eterno Carnevale. Poco credibili e sgangherati i tentativi di Leo di affrontare l'inesorabile deriva economica e sociale, prima attraverso un abboccamento con un tizio per impostare improbabili, visto il suo candore, incontri di sesso a pagamento poi mediante il casuale incontro con un cinese presunta anima gemella perché veste zebrato come lei ( segno del destino?)  che abbandonerà al mattino, sapendolo sposato. Una così non può essere né prostituta né amante clandestina, è una bambina che gioca a signora, con la mamma. Maria é pulitrice compulsiva, opera  rituali propiziatori, vasi colmi d'acqua sopra il frigo, bigliettini ripiegati e messi in freezer, dopo averli compilati chissà con quali parole, perché qui  i dettagli sono tanti ma nulla è approfondito e tantomeno spiegato. E' la macchina da presa con i primi piani intensissimi, gli improvvisi cambi di prospettiva, un montaggio tesissimo, un bianco e nero rarefatto che operano  uno scavare dentro le due esistenze che fa affiorare con incontrovertibile evidenza ciò che parrebbe criptico e superficiale ad un occhio improvvido. La colonna sonora è affidata ad un chiacchiericcio mediatico quasi impercettibile, radiofonico,. televisivo e computeristico, l'audio è alzato un attimo per meglio ascoltare una notizia che altrimenti andrebbe persa come tutto il resto. Martin Scorsese sarà presente al Festival delle Asturie. Questo dato colpisce l'immaginario di entrambe. Suonano alla porta, niente dolcetti ma la polizia, debiti, furti, truffe, chissà. Lei se l'aspettava, indossa pelliccia su vestaglia e li segue mentre la figlia la chiama da un'altra stanza. La scena finale su di lei tra la folla, al festival, filmato di repertorio su Scorsese attorniato da giornalisti e fotografi che saluta sorridente. E' una fantasticheria da reclusa o é stata scarcerata?  Anche questo elemento non é chiarito ma noi poco importa perché il cinema, si sa, rende liberi comunque.

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