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Visualizzazione dei post da novembre, 2021
 Stop-Zemlia, Kateryna Gornostai, 2021, Ucraina. Giffoni film festival, Berlinale. Età inquieta, dove tutto è estremamente serio ma anche cangiante, epigoni dell'infanzia e prodromi e prodromi dell'età adulta si aggrovigliano e si sciolgono in un abbraccio materno o nella tribalità di una danza. Età antinomica, si baciano appassionatamente amiche e amici e non si osa sfiorare con lo sguardo l'interesse del momento. Tutto è in superficie, sulla pelle, anche il sangue glitterato che sgorga da polsi tagliuzzati per siglare un battesimo di sangue. Masha, Senia e Yana. tre moschettieri senza spada ma coltello da cucina, che bivaccano vestiti sullo stesso letto con calzini bucati e cappello indossato come elmetto protettivo (o copertina di Linus). Se nel gruppo allargato, la classe, la solidarietà si parcellizza e si bullizza e volano zaini dalla finestra, tre è il numero perfetto per una complicità non troppo simbiotica per elaborare un passato che non c'è ancora, un present
Il cieco che non voleva vedere Titanic . Teemu Nikki, Finlandia, 2021. Venezia, Orizzonti. Un film su un corpo, un corpaccione ostinato che non si rassegna, sulla sua vitalità creativa che affonda le radici non nella vita, immota e fissata in una stasi forzata, ma nel cinema stesso, in quelle immagini in movimento, residui mnesici che evocano stati d'animo, situazioni, affinità e distanze, nomi e soprannomi. La macchina da presa all'inizio sullo sguardo, scivola poi sulla nuca, in una soggettiva dove attorno tutto è sfocato, tranne il possente collo taurino del protagonista. E da evocazioni cinefile si creano continui movimenti associativi, deja vu, deja vecu, assonanze e dissonanze. Cinema come paradigma, vademecum di riferimento dove attingere a piene mani. Cinesi esistenziale ed immaginaria su cui modellare  un mondo di fatto opaco e informe nella realtà al fine di renderlo vivo e pulsante. Fino ad accettare la sfida di un viaggio in condizioni di estrema labilità, contando